Chiusi dentro

Le prime pagine di questo libro di John Scalzi ci introducono a un mondo che ha dovuto affrontare una pandemia planetaria, che si è diffusa in una serie di ondate.

Un’introduzione di poche pagine, che qualche mese fa, poteva essere marzo o aprile, mi fu sufficiente a interrompere la lettura, perché ritrovare in un’opera di fantasia ciò che stava appena oltre la porta di casa mi risultava insopportabile.

Ho ripreso in mano (si fa per dire, visto che ho una versione ebook) il libro in questi giorni, forse anche per scoprire se sarei riuscito a superare quella mia reazione, per trovarmi immerso in una storia molto diversa da quella che mi aspettavo.

“Chiusi dentro”, infatti, non appartiene alla fantascienza apocalittica, non parla dell’estinzione della nostra razza a causa di un’epidemia ed è ben lungi dall’avere un tono triste. Infatti, l’effetto dell’epidemia di Haden, questo il nome della malattia inventata da Scalzi, è di imprigionare all’interno del proprio corpo chi ne è affetto, per un definitivo danno neurologico che impedisce il movimento ma non la coscienza e la ragione.

Il libro incomincia qualche anno dopo la diffusione del morbo, quando la comunità Haden, composta dalle vittime del virus, è diventata così numerosa e organizzata da divenire parte della società. Sì, perché gli Haden ora hanno un intero mondo vituale in cui sviluppare la loro vita sociale e molte aziende hanno sviluppato la tecnologia necessaria a creare dei “trasporti personali”, i cosiddetti Threep, robot comandati dalla coscienza delle persone “chiuse dentro” i loro corpi.

Per la verità, alcuni Haden sono “guariti”, hanno riacquistato il controllo del proprio corpo e guadagnato anche una facoltà in più, ossia quella di ospitare la coscienza di altri Haden, servizio che rendono a pagamento, sotto la qualifica di “Integratori”.

L’equilibrio raggiunto è però turbato dall’introduzione di una nuova Legge, destinata a tagliare i fondi statali alla comunità Haden.

Un uomo apparentemente uccisosi tagliandosi la gola apre la vicenda, con l’indagine condotta dal protagonista, un nuovo agente dell’FBI, che è anche uno degli Haden più famosi del mondo.

Per quanto ritenga John Scalzi un autore molto brillante e stimolante, mi ritrovo sempre a pensare che alla sua scrittura manchi qualcosa per essere davvero di mio gusto.

Niente da dire, la storia scorre che è un piacere e riesce a far passare con grande facilità riflessioni e concetti che ad autori meno bravi richiederebbero di certo una montagna di parole in più di quante invece non ne usi lui, però… Però leggendo questo sofisticato poliziesco fantascientifico mi sono ritrovato spesso a ritenerlo troppo “freddo”. Insomma, d’accordo: alcuni scienziati hanno trovato il sistema di fornire nuovi corpi (robot) agli haden, ma le problematiche relazionali legate all’impossibilità di impiegare i propri corpi non sono neppure accennate.

Invece, Scalzi si concentra sulla rappresentazione di un mondo fatto di grandi aziende, guidate da imprenditori senza scrupoli, che hanno individuato nella tragedia di molti malati una irripetibile fonte di guadagno.

E in questo, l’autore americano ha centrato il bersaglio, rappresentando con efficacia, e in anticipo di qualche anno, i tempi che ci ritroviamo a vivere oggi.

Per il resto, Scalzi ci sorprende con le possibilità offertegli dal mondo di sua creazione. Il gioco del trasferimento di coscienze è sfruttato sia per la costruzione della trama poliziesca sia per la stessa conduzione dell’indagine, con il protagonista capace di migrare da un corpo robotico all’altro inseguendo le tracce lasciate dai colpevoli per tutti gli Stati Uniti. Un ottimo espediente che regala al lettore squarci di numerose realtà.

Un libro brillante? Senza alcun dubbio. Divertente? Senz’altro. Ma a parte che di una vera trama “sentimentale”, che forse mi avrebbe reso maggiormente empatico rispetto alla vicenda degli Haden, ho sentito anche la mancanza di qualche scontro in più tra robot. Perché se li infili in un romanzo, per come la vedo io, il minimo che puoi fare è fargli fare più danni possibile, e impegnargli in battaglia più spesso che puoi.

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