Questo libro mi è piaciuto così tanto da mettermi in seria difficoltà nel decidere da dove cominciare per parlarne.
E allora invece che dal libro, inizierò a dire qualche parola sull’autore, Dan Simmons.
Per quanto mi riguarda, è uno dei migliori scrittori in circolazione. Ho sentito dire da alcuni che la sua qualità migliore sarebbe quella di far rendere al meglio idee prese “in prestito” da altri. Però – a prescindere dal fatto che possa o no legittimamente rivendicare la paternità sulle idee alla base delle sue opere – nei vari generi in cui si è cimentato ha sempre toccato la vetta.
Lo ha fatto nella ricchissima saga fantascientifica di Hyperion, lo ha fatto nell’ambito della narrativa horror, prima con l’inquietante “Il canto di Kalì” e poi con il simil-kinghiano “L’estate della paura”, e si è distinto perfino nell’ambito dell’hard boiled, con la divertente saga del detective Joe Kurtz.
Avevo in programma da tanto tempo di leggere “La scomparsa dell’Erebus”, ma non l’avevo mai fatto prima, intimorito dalla sua mole, non esattamente tascabile. Aspettavo il momento buono, quando avrei avuto il giusto tempo a disposizione per immergermi nella lettura, senza troppe interruzioni.
E se avessi aspettato quel momento, probabilmente non avrei ancora sollevato la copertina di questo tomo dalle dimensioni più che rispettabili. E mi sarei perso qualcosa che si è imposto nelle mie giornate, in ogni momento libero, costringendomi a ricavare un ritaglio di tempo a ogni costo per procedere anche di poco nella lettura. Continua a leggere →